I fondamentali di borsa sono da schifo, lo conferma anche Citibank in un suo recente report. O meglio, il mercato se ne frega dei fondamentali nel dopo Trump per un atteggiamento abbastanza usuale nella finanza: mai andare contro il capo, soprattutto se forte, potente e con un brutto carattere.
Oggi vediamo dunque il Good Morning Mr. President: tutto va bene e le borse festeggiano senza pensare al domani, che sarà complicato. In realtà un crollo c’è stato: i bond Usa a lunga scadenza hanno preso una sonora bastonata. Ma c’è dell’altro.
Dunque, borse su, bond giù e dollaro forte (per ora): come districarci? Prima di tutto i bonds, le obbligazioni detto in inglese. La discesa dipende dal fatto che, come ha detto Trump, verranno tagliate le tasse e si faranno infrastrutture ossia si farà debito e soprattutto inflazione. Che poi dovrebbe essere addomesticata con tassi di interesse più alti. Ecco dunque i bonds lunghi soffrire. Inoltre, la forte discesa delle obbligazioni dipende anche dal fatto che, al di fuori dei tassi, il valore dei bonds verrebbe eroso comunque in forza dell’incremento inflattivo.
Aspettative di tassi maggiori per combattere l’inflazione comportano un rafforzamento del dollaro minando però la crescita futura degli States. Da qui la necessità di sgonfiarlo (svalutarlo). Storia simile a quella degli anni ’80 con Reagan, quando fece l’accordo del Plaza per combattere l’inflazione alzando i tassi ma senza rivalutare il dollaro. Oggi bisogna fare la stessa cosa. Ecco perché le aziende Usa ne saranno beneficiate: crescita, inflazione, tassi in salita ma senza dollaro alto. Infatti il Dow Jones, indice delle aziende industriali, sale. Invece il Nasdaq, benedetto dall’ex Obama, soffre in attesa che l’ex presidente diventi consulente di Silicon Valley. C’è quasi tutto.
La cosa difficile sarà per Trump fare il secondo accordo del Plaza. Ma, non dimentichiamolo, Trump è un grandissimo negoziatore oltre ad avere tutti gli assi in mano: è lui che rappresenta i consumi mondiali, è lui che rappresenta l’esercito più poderoso, è lui che rappresenta l’attuale moneta di riserva globale. Aggiungiamoci che Cina e Russia sono interessate ad indebolire il dollaro, magari a pegno di concessioni in Siria, Ucraina, Mar della Cina et voilà, l’accordo è servito. Il problema è che si tratterà di far svalutare il dollaro, pesantemente. E seduto a tavolo ci sarà un attore Occidentale perfettamente contrario, l’Ue franco-tedesca. Bang! Avete capito chi sarà il perdente.
Oggi il dollaro è forte perché il mercato non sconta il Plaza II che verrà. Ossia si sta forzando la mano a Mr. President per fare qualcosa: se il dollaro sale gli Usa andranno in forte recessione con tanti saluti per le promesse elettorali. Sottile vero? Appunto, si da il buongiorno al presidente ma con riserva. E se nulla verrà fatto la colpa sarà sua, di Trump. Sapete chi compra in borsa oggi? Gli hedge fund e le banche centrali, molte di queste straniere. Per forza, se crollano i corsi loro che detengono enormi patrimoni si prendono delle perdite. Ma non solo, i banchieri centrali fanno parte delle oligarchie filo-Dem: oggi che dovrebbero fare, vaticinare con un crollo una cocente sconfitta?
Appunto, visto che la grande finanza è tutta in meno ai Dem, il trucco della salita immediata delle borse impedirà di dar la colpa al prediletto Obama per l’attuale situazione economica statunitense assai precaria dei fondamentali. E dunque futuri crolli saranno imputati a Trump. Certo, a Mr. President converrebbe una discesa rapida dei corsi borsistici, ma come fare? Stampando moneta dal nulla, con i Qe si è quasi obbligati a comprare azioni. Dunque, stoppare i Qe. Ma per far questo bisogna aspettare fino a gennaio.