Il presidente uscito dalla Casa Bianca col più alto indice di gradimento nella storia degli Usa, con lui solo Roosvelt e Reagan. Esempio nella vita pubblica ma discutibile in quella privata.
La doppia presidenza di Bill Clinton ha segnato la storia americana e la rottura con i suoi predecessori. Primo presidente ad essere nato dopo la fine del secondo conflitto mondiale, in era baby boomers, il marito di Hillary ha percorso due mandati sulla strada della Third Way. La terza via, coniata da Clinton stesso, che apriva un varco le posizioni liberiste dei repubblicani e le istanze progressiste in ambito sociale dei democratici.
William Jefferson Clinton, detto Bill, nasce in Arkansas il 19 agosto 1946, in pieno baby boom. Cresciuto con i nonni dopo la prematura scomparsa del padre e la partenza della madre per motivi di studio, il due volte presidente Usa si trasferisce poco dopo a Hot Springs. Suona il sax tenore e pensa di intraprendere la carriera di musicista, scelta abbandonata dopo il 1963. In quell’anno Bill incontra John Fitzgerald Kennedy alla Casa Bianca e ascolta per la prima volta il discorso di Martin Luther King, parole che imparerà a memoria come racconta l’ex inquilino della Stanza Ovale nella sua autobiografia, My Life.
Si laurea nel 1968 in scienze politiche e nel 1973, dopo essere riuscito ad entrare a Yale, si laurea in giurisprudenza. Nel 1975 sposa la fidanzata conosciuta quattro anni prima nella biblioteca dell’università, Hillary Rodham, dalla quale avrà una figlia nel 1980, Chelsea.Dal 1978 al 1992 Clinton ricopre la carica di governatore dell’Arkansas, nel sud degli Usa, dove sta preparando il terreno per la corsa alle presidenziali.
La corsa alla Casa Bianca arriva a compimento dopo una serie di forfait, il senatore democratico Gary Hart su tutti, ma anche di una politica che coinvolge gli strati popolari del paese. Non è un caso che Bill Clinton sia stato definito il primo vero presidente nero da alcuni analisti delle campagne elettorali portate avanti da Bubba, come veniva soprannominato per le sue maniere alquanto efficaci nei ceti popolari.
Grazie a due mandati Clinton governa dal 1993 al 2001. Indirizza la pressione fiscale verso i ceti più ricchi degli Usa e apre uno spiraglio per la riforma del sistema sanitario, senza esito positivo. È il primo a mettere mani sulla controversa norma che non prevedeva l’ingresso degli omosessuali nell’esercito, nella formula Don’t Ask Don’t Tell, ma allo stesso tempo firmatario dell’accordo commerciale con Canada e Messico, il Nafta siglato nel 1994, che avrebbe liberato dai dazi doganali i corridoi del trasporto merci in tutto il Nordamerica.
La politica estera è un capitolo a parte. Interviene militarmente in Somalia ed ex Iugoslavia. Nel primo caso ritirandosi dopo un brutale scontro a Mogadiscio che nel 1993 costò la vita a 18 soldati americani nelle vie del Mercato Bakara nella capitale somala.
Diversa la vicenda iugoslava. Dopo gli accordi di Dayton, in Florida, siglati nel 1995 con Slobodan Milosevic, quello che sarebbe più tardi identificato come carnefice e fautore della pulizia etnica in Bosnia e Kosovo, come interlocutore per il processo di pace nei Balcani. Pochi anni dopo, durante il secondo mandato di Clinton, la strategia cambia. Nel 1999 Belgrado viene bombardata pesantemente, sono migliaia gli sfollati e i morti.
Nel 1998 la macchia più grande. Per Clinton viene aperta la procedura di impeachment per lo scandalo Lewinsky. Il presidente viene accusato di aver mentito sulla relazione con la 22enne stagista Monica durante il processo in cui Clinton era a processo in sede civile per molestie sessuali ai danni di quest’ultima quando Bill era ancora governatore dell’Arkansas, nel 1991. L’impeachment cade perché né Camera né Senato danno il via alla procedura votando per la non colpevolezza di Clinton, salvando il presidente.
Il secondo mandato di Clinton si chiude poco prima del disastro delle Twin Towers nel 2001. Si conclude con lui un’epoca d’oro per l’economia americana. Un periodo che però vede luci ed ombre nella vita privata e nelle scelte di politica estera operate dal presidente dem.
Ma la politica non è uscita dalla vita di Bill, che continua a seguire la moglie nella corsa alle presidenziali e a essere un protagonista, seppur da lontano, della scena americana. La dinastia Clinton è ancora candidata a diventare inquilina a Washington.