Creare un “Trust dell’Atmosfera terrestre” per permettere di chiedere un risarcimento dei danni per le emissioni di gas climalteranti causate dalle grandi imprese e per finanziare programmi di mitigazione: l’idea è stata lanciata da Robert Costanza, professore di Public Policy alla Crowford School dell’Australian National University e noto fra gli economisti mondiali per aver ideato il Genuine Progress Indicator, uno dei principali indici alternativi al Pil.
L’economista, intervenuto a Frosinone al 13° Forum Internazionale per l’Informazione ambientale organizzato da Greenaccord in collaborazione con i ministeri di Affari Esteri e Ambiente, ha spiegato che il progetto nasce da un concetto solo apparentemente rivoluzionario: “considerare l’atmosfera un bene comune che, pertanto, va mantenuto integro per le future generazioni”. Una proposta sostenuta già oggi dalle regole mondiali: “Ai sensi del diritto nazionale e internazionale esistente – spiega Costanza – noi come cittadini possiamo rivendicare efficacemente i diritti di proprietà sull’atmosfera del pianeta. Se tutti noi ‘possediamo collettivamente il cielo’, possiamo ricorrere alle istituzioni giuridiche esistenti per proteggere questa proprietà collettiva, costringendo gli inquinatori a pagare per i danni a questo patrimonio. Tutto quello che serve per iniziare è un sottoinsieme di Stati che fissino tale Trust Atmosferico, che funzioni da amministratore.
Affinché il percorso sia effettivamente avviato, cruciale sarà il coinvolgimento di personalità e realtà associative in grado di stimolare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei pubblici amministratori: “Penso alle associazioni ambientali, alle aziende pulite, ai grandi attori di Hollywood più sensibili alle questioni ecologiche, come Leonardo Di Caprio e Robert Redford”.
Per il momento sul sito claimthesky.org è stata pubblicata una lettera aperta indirizzata ai 20 Stati mondiali più minacciati dal climate change, per incoraggiarli a farsi da capofila del Trust. La lettera è stata finora firmata da una serie di economisti ed esperti di sviluppo sostenibile. Tra loro, l’ex ministro del Lavoro del governo Letta ed ex presidente Istat, Enrico Giovannini.
LA LETTERA APERTA DI CLAIMTHESKY
“La COP21 di Parigi rappresenta un punto di svolta nei negoziati sul clima. Mettere in campo azioni per il clima non è più cosa differibile per i governi. La società globale è ora costretta a riconoscere che l’atmosfera è un bene pubblico. Papa Francesco nella sua recente enciclica ha rafforzato questo punto di vista sostenendo che il clima è un “bene comune” che ha bisogno di protezione.
Un movimento legale in questa direzione sta ampliando l’applicazione della dottrina in base alla quale alcune risorse naturali devono essere tenute in custodia per servire il bene pubblico. E ‘responsabilità di ogni governo proteggere questi beni da danni e mantenere per l’uso del pubblico. Secondo questa dottrina, i governi non possono regalare o vendere questi beni pubblici a soggetti privati. Casi giudiziari recenti nei Paesi Bassi e Stato di Washington, Stati Uniti d’America hanno confermato la responsabilità del governo nel dover proteggere i beni comuni. Nello stato di Washington il giudice della Corte Superiore Hollis R. Hill ha stabilito che il governo aveva “l’obbligo costituzionale di tutelare l’interesse pubblico nei confronti delle risorse naturali tenute in custodia per il bene comune dallo Stato”.
L’atmosfera globale è sicuramente uno dei nostri più importanti beni comuni e dovrebbe essere tenuto in sicurezza e protetto dai danni per le generazioni attuali e future. Da questo punto di vista l’atmosfera è un bene comune globale poichè riguarda tutti i Paesi.
Noi, sottoscritti, chiediamo di creare un Atmospheric Trust che definisca l’atmosfera un diritto di proprietà comune a tutti da preservare e difendere. L’AT può essere usato come strumento giuridico per richieste di risarcimento danni per l’ambiente e per progetti di investimento di fondi nella mitigazione, l’adattamento e la compensazione, fornendo allo stesso tempo le risorse per le popolazioni più colpite. Nel mondo ci sono appena 90 imprese (soprattutto le industrie estrattive) responsabili per i 2/3 delle emissioni globali di carbonio. Ciò significa che le richieste di risarcimento potrebbero colpire un numero relativamente piccolo di soggetti. Una campagna di pressione della società civile compatta può contrastare il potenziale di resistenza corporativa. Uno sforzo comune per “rivendicare il cielo” a nome di tutta la società globale.
Questo approccio può cambiare in modo significativo l’intera discussione su come affrontare il dibattito sui Climate Change. Piuttosto che negoziare sulle emissioni i governi nazionali hanno il dovere di sottoscrivere un patto in cui tutti sono co-amministratori nei confronti della protezione dei beni comuni atmosferici. Se si verifica una fuoriuscita di petrolio negli oceani, i governi richiedono giustamente i danni delle risorse naturali, mentre non prendono iniziative di fronte ad una ‘fuoriuscita’ catastrofica di anidride carbonica nell’atmosfera”.