È ancora polemica in Israele contro la risoluzione dell’Unesco che nega i legami storici e religiosi degli ebrei con i luoghi sacri della Città Vecchia di Gerusalemme. Lo Stato Ebraico ha duramente contestato la decisione della Russia di sostenere il testo approvato nei giorni scorsi dall’agenzia delle Nazioni Unite che di fatto classifica ufficialmente come musulmani alcuni luoghi di culto cari anche al giudaismo. Alti funzionari israeliani hanno riferito che il premier, Benjamin Netanyahu, ha discusso dell’argomento sia con il presidente russo Vladimir Putin (lo scorso 21 ottobre) nel corso di un colloquio telefonico, sia durante una riunione di funzionari dei due paesi presso il ministero degli Esteri di Tel Aviv (giovedì 27 ottobre), alla presenza del viceministro degli Esteri di Mosca, Gennadij Gatilov. Secondo fonti anonime israeliane citate da “Haaretz”, Netanyahu avrebbe espresso “profonda delusione” per la posizione della Russia all’Unesco. Il primo ministro, in aggiunta, avrebbe ribadito che la risoluzione adottata dall’agenzia Onu rappresenta un tentativo di “riscrivere la storia e cancellare la connessione dell’ebraismo con i luoghi santi di Gerusalemme”. Il premier avrebbe dunque sollecitato Putin a non concedere più il proprio sostegno in futuro a risoluzioni simili.
La nuova risoluzione dell’Unesco sui luoghi sacri di Gerusalemme è stata adottata lo scorso 26 ottobre dal Comitato ristretto per il patrimonio universale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura grazie al sostegno di dieci Stati membri, contro due voti contrari, otto astensioni e un’assenza. Il testo, finalizzato a “tutelare il patrimonio culturale della Palestina e il carattere distintivo di Gerusalemme Est” fa riferimento ai luoghi sacri della Città Santa – la Spianata delle Moschee per i musulmani, chiamata Monte del Tempio dagli ebrei, e il Muro del pianto – con la sola denominazione araba, generando così profonda indignazione in tutti gli israeliani. Dire che “Israele non ha connessioni con il Monte del Tempio e il Muro del Pianto è come dire che la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l’Egitto con le piramidi”, si era indignato Netanyahu. La risoluzione, che denuncia anche “i danni perpetrati” da Israele in quei luoghi è stata presentata da Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan e sostenuta da Giordania e Autorità nazionale palestinese (Anp) che non figurano tra i 21 Stati membri del Comitato.
Dopo una prima, iniziale astensione da parte del governo guidato da Matteo Renzi sulla risoluzione dell’Unesco, che aveva quantomeno indispettito Israele, l’Italia si pronuncia chiaramente a favore di Tel Aviv. Renzi definisce così “allucinante” il testo dell’agenzia Onu e chiosa: “Sostenere che Gerusalemme e l’ebraismo non hanno una relazione, è incomprensibile, inaccettabile e sbagliato. Non si può continuare così”. Dello stesso parere anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che parlando alla Camera nei giorni scorsi ha assicurato che “se la risoluzione sui luoghi santi di Gerusalemme resterà invariata, l’Italia voterà contro”. Tuttavia, a inasprire il misunderstanding tra Roma e Tel Aviv, che già sembrava risolto, sono state le parole del viceministro della Cooperazione regionale di Israele, Ayooub Kara (del Likud, il partito del premier Benjamin Netanyahu) in missione la scorsa settimana in Vaticano. “Il terromoto? Una punizione divina all’Italia per essersi astenuta alla votazione dell’Unesco sulla Città Vecchia di Gerusalemme”, ha tuonato il viceministro di Tel Aviv alla vigilia della visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella regione. Immediate le scuse della comunità ebraica in Italia e di Israele, che ha condannato le parole di Kora definendole “inappropriate”.
La forte tensione diplomatica tra Israele e Unesco ha spinto Netanyahu, lo scorso 27 ottobre, ad annunciare il richiamo in patria per consultazioni dell’ambasciatore israeliano all’agenzia Onu, Carmel Shama-Hacohen. “Il teatro dell’assurdo continua”, ha dichiarato il primo ministro in riferimento anche alle precedenti risoluzioni promosse dai Paesi arabi per mettere sotto pressione Israele e i suoi alleati. In effetti, reciproci dissapori tra l’agenzia delle Nazioni Unite e Israele non sono mai mancati. Ad aprile scorso, ad esempio, è stato approvato un testo di condanna delle “aggressioni israeliane e delle misure illegali contro la libertà di culto e l’accesso dei musulmani alla Moschea di Al-Aqsa“, non facendo riferimento neppure questa volta al nome ebraico del luogo sacro, il Monte del Tempio. Nel 2011, infine, l’Autorità nazionale palestinese (Anp) è stata ammessa tra i membri dell’Unesco, decisione che aveva portato gli Stati Uniti a interrompere i finanziamenti all’agenzia delle Nazioni Unite.