La malnutizione nel 2016 è ancora un problema annoso. Basti pensare che in Congo, il 31% dei bambini tra 0 e 5 anni, presentano un’insufficienza ponderale globale, ovvero uno scompenso nel rapporto tra peso e età. Il contraltare è rappresentato dal ricco Occidente, che spreca oltre il 30% del cibo prodotto in Europa. In Italia, circa 1/3 dei bambini è in sovrappeso e conduce una vita sedentaria.
La malnutrizione affligge soprattutto i cosiddetti PvS (Paesi in via di Sviluppo) e l’Occidente dovrebbe pensare a soluzioni importanti per sovvertire statistiche sempre più allarmanti. Se n’è parlato a Roma, durante il meeting “Malnutrizione e sicurezza alimentare: dalla teoria alla pratica”, organizzato dalla onlus Amka e dalla fondazione “Roma Sapienza”, in collaborazione con l’area didattica di Cooperazione e sviluppo.
Se nei Pvs la malnutrizione è una piaga che condiziona le prospettive di vita e lo scenario quotidiano, in Europa, è invece necessario ripristinare un corretto stile di vita, cambiando le proprie abitudini.
Nei PvS invece, le ragioni della malnutrizione molto spesso sono legate a diverse credenze locali. Secondo alcuni studi, in specifiche aree rurali della Repubblica democratica del Congo le mamme, spesso anch’esse malnutrite, legano alla stregoneria la malnutrizione dei figli. Secondo altre credenze, solo il latte non basta al neonato, a cui già dai due mesi e fino ai 18 dello svezzamento, viene data anche acqua e questo causa malnutrizione. Genitori e pargoli soffrono sovente di marasma, deficit di tipo calorico, di kwashiorkor, malnutrizione proteico energetica o hanno la pancia gonfia. Sintomi e malattie in costante aumento, contro i quali esiste un unico rimedio: variare la dieta e aumentare la quantità di cibo ingerita. In determinate aree, gli unici alimenti a disposizione sono farina di mais e manioca: troppo poco per sfamare intere famiglie. Uno dei rimedi naturali è però rappresentato dalla moringa, integratore alimentare derivante da una pianta che contiene 17 volte il calcio che si trova nel latte.
“Da non sottovalutare anche i fattori economici” sottolinea ad Ofcs.report dalla dottoressa Emanuela Castellano, coordinatrice del progetto di Amka Onlus, che evidenzia i dati allarmanti legati alla disponibilità di cibo nei paesi di sviluppo emersi da uno studio sul territorio. “Abbiamo impiegato un anno di tempo e tre fasi di lavoro per fare le interviste – ha spiegato – Sono emersi diversi aspetti, sia socio-culturali che influenzano lo stato nutrizionale dei bambini e la sicurezza alimentare, sia i fattori economici locali, legati alla produzione di una quantità e qualità di cibo non sufficiente per le famiglie. Se consideriamo i possedimenti delle famiglie, si coltiva soltanto il 30% dei terreni. Questo accade sia per un problema di investimenti da parte delle famiglie stesse, ma anche per l’influenza della vita di città, che spinge gli abitanti delle aree rurali a voler creare attività commerciali e non ad investire sulla terra”.
Le conseguenze di una situazione così drammatica sono presto dette: si coltiva il terreno senza le conoscenze per farlo, causando un progressivo impoverimento. Si produce mais per l’80% del totale, che copre solo il 30% dei fabbisogni. Le soluzione proposte per cambiare questa situazione di emergenza costante e continua, sono varie: foreste commestibili nel mondo, una struttura di filiera e una propaganda. Per migliorare la situazione basterebbe destinare il 20% del profitto dei campi ai contadini.