Cina e Russia sono sempre più vicine. Non solo accordi economico-commerciali, tra i due paesi sta nascendo un vero e proprio tandem strategico alternativo all’Occidente. “Cina e Russia condividono le stesse posizioni su le più importanti issues internazionali e regionali, incluse Siria e Afghanistan”, ha detto il vice ministro degli esteri cinese, Li Baodong, a margine della riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nel fine settimana Pechino, si è astenuta su due progetti di risoluzione Onu sulla Siria esprimendosi, invece, a favore delle proposte russe. La Siria, strategicamente importante per i russi, sta diventando un laboratorio per testare la tenuta di una possibile cooperazione sino-russa non solo sulla disputa in corso in quell’area, ma anche su Libia, Yemen e Afghanistan.
Proprio l’Afghanistan riveste per Pechino una zona di particolare importanza, in quanto territorio instabile a ridosso dei suoi confini. Inizialmente neutrale nel conflitto siriano, nel tempo la Cina ha iniziato a guardare con preoccupazione a quanto succedeva a Damasco, allarmata dal terrorismo e da un’eventuale partizione in micro aree dell’attuale territorio siriano. Già nell’agosto scorso, alti funzionari militari cinesi avevano annunciato l’intenzione di fornire assistenza militare e umanitaria al governo siriano. Un annuncio arrivato dopo la visita a Damasco del Retroammiraglio cinese Guan Youfei.
Nonostante gli storici rapporti di cooperazione economico-commerciale tra Cina e Siria, l’interesse di Pechino nella guerra civile siriana è solo parzialmente imputabile a tale storia. Il Paese vede in un suo coinvolgimento più diretto nel conflitto, un’opportunità per aumentare l’ influenza sui paesi in via di sviluppo, anche nell’area del conflict resolution. Fedele al principio della non interferenza negli affari interni degli altri paesi, la Cina ha adottato un approccio diverso sia rispetto a quello occidentale che a quello russo.
La dottrina occidentale della “Responsibility to protect” è stata più volte criticata dal governo, sia in occasione dei bombardamenti Nato sulla Serbia del 1999, sia nel caso della Libia nel 2011. L’atteggiamento di non interferenza negli affari interni di altri paesi ha fatto guadagnare a Pechino numerosi ammiratori tra i paesi in via di sviluppo, alleati necessari nella disputa in corso nel mar cinese meridionale. Anche se la Cina comprende gli sforzi della Russia nel mantenere in vita il governo di Bashar al Assad tuttavia, le divergenze tra i due paesi nell’approccio al conflitto siriano rimangono.
La soluzione militare alla guerra civile in corso in Siria non piace a Pechino, che più volte ha sottolineato come un impegno diretto nel conflitto non sia la chiave giusta per porre fine al massacro. Il supporto cinese al governo di Damasco va pertanto letto in modo più ampio. Dal suo coinvolgimento soft nella disputa in corso in Siria, la Cina tenta di ritagliarsi un ruolo come paese guida nella regione. Il Medio Oriente rappresenta una nuova sfida per i policymakers cinesi. Per dimostrare di essere una grande potenza ha bisogno di farsi vedere attiva su più fronti, anche su quelli più caldi.
La convergenza di interessi tra Russia e Cina è una sfida per gli Stati Uniti d’America, sempre più riluttanti a intervenire nei conflitti altrui e in progressivo ritiro dalla polveriera mediorientale. A dimostrarlo sono le centinaia di accordi commerciali stipulati nel corso degli ultimi anni tra la Cina e i giganti regionali come Iran e Arabia Saudita. Un coinvolgimento non a senso unico, scevro di pregiudizi e preferenze politico-ideologiche, ma guidato da un pragmatismo tipico della politica estera del dragone cinese.