La popolazione colpita in vario modo dal conflitto è di circa 13,5 milioni. La parte più consistente è formata da bambini, ben 6 milioni. Gli effetti disastrosi della guerra in Siria, dal 2011 ad oggi, si possono quantificare in cifre e percentuali. Dai recenti report, realizzati dall’Unicef i numeri emergono chiari, inconfondibili, spaventosi. E guardando i numeri sono proprio i più piccoli a trarne le conseguenze peggiori. Si stima che dall’inizio della guerra non sono pochi, potrebbero essere più di cinquantamila. Nella sola città di Aleppo, si contano oltre 300.000 persone intrappolate nella parte orientale dall’inizio assedio e in disperato bisogno di assistenze: 100.000 sono sfollati e 120.000 bambini. Oltre 35.000 gli sfollati nella parte occidentale della città.
E il disastro non accenna a fermarsi. Dallo scorso venerdì sono stati uccisi almeno 96 bambini ad Aleppo orientale, mentre altri 223 sono rimasti feriti. “I bambini di Aleppo sono stati intrappolati in un incubo”, ha dichiarato Justin Forsyth, vice direttore generale delle Nazioni Unite. “Non ci sono parole per descrivere le sofferenze che questi bambini stanno vivendo”. Si, perché anche chi riesce a salvarsi dalla morte non vive, ma cerca di sopravvivere tra disagi indicibili e mancanza di beni primari come cibo e soprattutto acqua. In un comunicato dell’Unicef, lo scorso 28 settembre, si rende noto che gli intensi attacchi hanno danneggiato le stazioni di pompaggio che fornivano acqua pulita a 250.000 persone nella parte orientale della città di Aleppo. Ciò significa che oltre 100 mila bambini sono stati costretti a bere acqua da fonti non sicure, o da fori superficiali nelle tubature oppure ancora da pozze d’acqua che fuoriusciva dai tubi rotti.
“Privare i bambini di acqua pulita li espone al rischio di epidemie di malattie legate all’acqua e si aggiunge alla sofferenza, alla paura e all’orrore che i bambini ad Aleppo vivono giorno dopo giorno”, ha dichiarato Hanaa Singer, Rappresentante Unicef in Siria. Ogni giorno c’è un bambino che percorre chilometri per recarsi dall’altra parte della città a raccogliere acqua pulita, scansando mine e proiettili, portando a casa non solo acqua pulita ma soprattutto la vita stessa. “Vengo quasi ogni giorno per raccogliere l’acqua per la mia famiglia con mio padre. E’ la mia routine quotidiana “, ha detto Hala di 13 anni, che vive con i suoi genitori e 3 fratelli più piccoli. Dice questo mentre riempie taniche d’acqua pulita da portare a casa. Mohammad, 12 anni, lava bottiglie di plastica vuote prima di riempirle con l’acqua potabile fornita dall’Unicef. “Raramente abbiamo avuto l’acqua in casa. Quest’anno, devo fare solo tre viaggi a settimana per raccogliere l’acqua potabile “, ha aggiunto.
Un calvario disumano come racconta Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia. “Ad Aleppo non si muore da oggi. E’ un calvario disumano che dura da 6 anni, dove sono morti bambini innocenti nell’indifferenza mondiale – ha aggiunto Iacomini – Inutile girarci troppo intorno. Le Nazioni Unite hanno smesso di contare i bambini morti in Siria nel 2013, quando erano circa 11 mila. Ora si teme che le vittime minori si siano almeno quintuplicate rispetto ad allora ed anche se non ci sono dati certi sono certamente cifre da genocidio”, conclude il portavoce.
Un Paese martoriato in cui anche il superfluo diventa necessario. Uno Stato fantasma, interamente devastato dalla guerra in cui tutti i settori sono al collasso. Quello sanitario in primis. Si contano 30 medici per una popolazione di circa 250 mila persone, attrezzature scarse e mancanza di medicine d’emergenza per curare i feriti. In maniera opposta e costante invece cresce il numero dei traumi e delle persone bisognose di cure. Un medico sul campo ha riferito proprio all’Unicef un retroscena agghiacciante: i bambini con poche possibilità di sopravvivere vengono lasciati morire perché le scorte sono poche e limitate. Uno stato di emergenza assoluta su cui puntare i riflettori affinchè si cerchi di mediare e se possibile porre fine a questo massacro.
Il destino di questi bambini, per quelli che riescono a scampare alla morte, prende due strade: lo status di rifugiato o il reclutamento tra le file del Califfato. In merito al primo si calcola che sono 2.523.721 i bambini profughi a causa del conflitto, su oltre 4.799.677 rifugiati.